PRIMAVERE ARABE TRA SPERANZE E INVOLUZIONI
PRIMAVERE ARABE TRA SPERANZE E INVOLUZIONI Stampa E-mail

Lunedì 8 ottobre, ore 17,30 - a  Favaro in Via Cima Rosetta 19: Dibattito introdotto

da Stefano Vianello su

"Primavere arabe vere rivoluzioni o ennesime involuzioni?"

 

Il 20 settembre di quest’anno  Marco d’Eramo in un articolo sul  Manifesto si chiede: “Che fine ha fatto la primavera araba?”.
Primavera araba è un termine utilizzato  dai media occidentali  per indicare  le agitazioni cominciate il 18 dicembre 2010 in seguito all’estremo atto di Mohamed Bouazizi che si è dato fuoco per protesta scatenando in Tunisia la rivoluzione dei gelsomini.

Con un effetto domino la protesta si è propagato ad altri paesi del mondo arabo e della regione del Nordafrica.
Le proteste "arancioni" utilizzano tecniche di resistenza civile, come scioperi e manifestazioni,  talvolta anche atti estremi come suicidi e l'autolesionismo.  Inoltre è diffuso l'uso di social network come Facebook e Twitter per organizzare, comunicare e divulgare gli eventi a dispetto dei tentativi di repressione statale.

Gli stati interessati sono dittatoriali  e non contemplano perciò le libertà individuali e i diritti umani, inoltre le condizioni di vita della popolazione rasentano la povertà di fronte a una corruzione della macchina statale che crea caste e privilegi. Un’altra causa scatenante è stata indicata nella mancanza di cibo (crisi alimentare) .

Gli effetti di queste proteste hanno portato già un cambio governativo in Tunisia, in Egitto, in Libia e in Yemen. Oggi i Fratelli musulmani governano in Egitto, loro omologhi guidano la Tunisia, mentre gli integralisti finanziati e armati dal Qatar e dall'Arabia saudita controllano la Libia e si preparano a conquistare la Siria, senza contare derive  come l'insurrezione islamista in Mali.
C’è dunque da chiedersi, e con preoccupazione, se le istanze originarie delle proteste, in questa area geopolitica così particolare e instabile,  siano state tradite o mistificate e se il risultato finale  per gli abitanti di quei paesi, anche in termini di libertà e diritti, non sia alla fine un’involuzione piuttosto che una primavera di speranze.

L'ingresso è libero